mercoledì 23 settembre 2009

1996


Fila d’attesa

In fila d’attesa
aspetto cupo e seduto
il mio turno per sputare.
Per sputare in un sol colpo
tutte le paure,
prima che siano loro
a sputarmi sul fegato.

08/08/96


Giugno 96

Che non ritorni più
il vento e le nubi che muove.,
per specchiare volti cupi
nelle pozze d’acqua.
E se ancora cadrà la pioggia
che lavi via i ricordi senza vita.

14/08/96


Mosche e zanzare

Mi ritrovo spesso
ad uccidere zanzare,
con in corpo l’ira di un soldato.
Ne uccido una, poi un’altra
e un’altra ancora…
Son finite le zanzare?
Poco male, ucciderò le mosche.

25/05/96


Risvegli

Vorrei fermare
pensieri e persone
per gioire di grilli e farfalle.
Vorrei bruciare
le sveglie che ci contano i secondi.
Vorrei sognare
tutto dello stesso colore.
Mi sveglierò domani
per raccontare un altro sogno.

23/03/96


Rondini

Alla sera all’improvviso
appaiono le rondini.
Planano, virano verso spazi bui.
In piccoli gruppi si allontanano,
per poi tornare più numerose.
Riti quotidiani, sempre gli stessi,
che ammiriamo solo
nel momento del bisogno.
E sono solo rondini che volano
e in picchiata precipitano.

20/05/96


Pensiero triste

Non siamo mai stati troppi vicini
condividendo a volte le idee,
ma mai la pelle.
Adesso vorrei essere
perlomeno presente.
Vorrei dimenticare quel corpo inerte
e confessare l’angoscia
di saperti assassino.
Vorrei essere lì, dentro la tua cella,
per farmene una ragione.

30/06/96


Ragione e bugie

Non voglio lasciarmi alle spalle
ricordi imbevuti di rimpianti,
ma un pezzo di vita,
che con ragione e bugie,
possa dire di essere vissuta.

15/09/96


…del vivere

Del vivere e delle sue figure
cerco le istruzioni.
Seguendo il corpo nelle sue vocazioni.
E il cervello è come il vino,
o invecchia bene, o da novello diventa aceto.

28/08/96


Fantasma

Ho maledetto la svegliache
che impietosa mi ha svegliato.
La luce che dalla finestra filtrava,
ancora orizzontale mi derido,
ho il pigiama macchiatodi latte e caffè,
ventisette anni, un occhio ancora chiuso
e i calzini gialliper giustificare lo squallore.
Nella testa echeggiano fantasmi e rumorie,
altri ancora dalla cucinain in verticale mi raggiungono.
Sono in piedi, quasi barcollo,
la scimmia ride sulle mie spalle.
La porta è aperta, entro in bagno,
che oscena visione lo specchio.
Il futuro e` nelle mie mani:
sto pisciando.

20/5/96

lunedì 7 settembre 2009

Viareggio 29 giugno 2009


Ecco cosa mi ha raccontato Massimo, sopravvissuto alla strage ferroviaria di quella maledetta notte del 29 giugno scorso.
“Andiamo a letto? Mi chiede mia moglie che e’ nel bagno a lavarsi i denti. Sì, ma non senti quest’odore di gas? In pochi secondi la casa è invasa dal gas.”
Mentre mi racconta, prende il giornale di mercoledì 31 luglio dove c’è una foto dall’alto della zona della strage, per farmi vedere dov’era casa sua.
“Io abitavo qui, in via Ponchielli, al primo piano e mansarda, dalle finestre vedo la ferrovia tra le due palazzine che ho di fronte. Pochi minuti primi avevo sentito il solito rumore che fanno i freni dei treni sulle rotaie, un po’ più forte del solito in verità, ma niente che facesse pensare a un deragliamento. Mi affaccio alla finestra e tra le due palazzine, invece di vedere i binari della ferrovia, vedo una nuvola bianca, una nube di gas, un muro alto circa trenta metri. La puzza di gas è devastante. Capisco che di lì a poco poteva succedere qualcosa di tremendo, troppo gas in giro e la nube di gas che aveva già invaso la strada sotto casa, mentre qualcuno stava già uscendo per strada”.
Il mio pensiero va subito alla famiglia Piacentina, che abitava proprio in quelle palazzine a due passi dai binari. Penso al piccolo Luca, il bambino dai capelli rossi che faceva l’asilo con mia figlia. Luca, il piccolo trovato carbonizzato da solo nell’auto, dove i genitori, nel tentativo di fuga, l’avevano messo al riparo, pochi istanti prima dell’esplosione. Quella notte persero la vita anche suo fratello Lorenzo e la sua mamma Stefania. Sono sopravvissuti solo il fratello maggiore Leonardo e il padre Marco, tuttora in ospedale (http://www.corriere.it/cronache/09_luglio_01/bambino_inseguito_auto_mamma_5da94464-6605-11de-8bcb-00144f02aabc.shtml).
“Chiudo la finestra e urlo a mia moglie di salire in mansarda. Lei, presa dal panico, comincia a gridare, vuole telefonare, la prendo per un braccio e la porto su in mansarda, dove sono le camere e dove mio figlio di 17 mesi dorme sereno. Qui esplode tutto, le grido, lei urla, piange, prendo degli asciugamani da bagnare, vado in bagno e mentre li metto sotto l’acqua, ripensando a quella nube di gas, corro a prendere mio figlio, siamo tutti in una stanza, per una attimo penso che stiamo aspettando la morte. Sono attimi di panico, sono passati neanche 30 secondi da quando mi ero affacciato alla finestra ed ecco il boato. Un boato tremendo e subito dopo le fiamme. Dalla finestra sul tetto della mansarda vedo una lingua di fuoco che copre il cielo, che va oltre la casa e torna in dietro. Apro la porta e vedo che di sotto ha già tutto preso fuoco. Se eravamo rimasti in salotto un attimo di più a pensare a cosa fare eravamo morti, così come se eravamo scesi per strada. Quando ho aperto la finestra e ho visto quella nube di gas, ho avuto la fortuna di capire che era troppo tardi per fuggire, che sarebbe bastato un nulla per trasformare quel gas in una bomba. Apro la finestra e comincio a gridare aiuto, ma l’inferno era già iniziato. Un attimo dopo l’esplosione il fuoco aveva già invaso le case, le macchine esplodevano una dopo l’altra, suoni di allarmi e urla strazianti venivano soffocate dal rumore devastante del fuoco. La mia casa ha retto abbastanza bene all’onda d’urto. Le case adiacenti sono crollate. Il primo piano era già invaso dalle fiamme. Dovevamo uscire di lì. Prendo mio figlio in braccio e usciamo dalla finestra della mansarda. C’era un calore intenso tutto intorno e lingue di fuoco erano ovunque. Saltiamo giù dal tetto su un altro tetto che è circa un metro sotto, poi dobbiamo saltare ancora un paio di metri per raggiungere un muretto: l’unica via di fuga, in direzione opposta alle fiamme. Accanto al muretto c’è una tettoia. Era di plastica e il calore l’aveva praticamente sciolta, ma non me accorgo e appena ci metto un piede vado giù. E’ lì dove mi sono rotto le costole. Ho mio figlio in braccio, ma per fortuna cado di schiena e lui non si fa nulla. Ma ha gli occhi chiusi, sono terrorizzato, lo scuoto, apre gli occhi, non piange. Non riuscivo a respirare, pensavo di essermi forato i polmoni. Mia moglie grida, piange. Riesco a restare lucido e a passarle il bambino. Non come ma sono riuscito a risalire sul muretto e a salvarmi. Nelle case adiacenti casa mia vivevano 33 persone, 20 sono morte. Ho vinto l’enalotto della vita.”
Lui è sopravvissuto, ma le vittime sono al momento 29, l’ultima è morta pochi giorni fa e altre 4-5 persone sono tuttora in pericolo di vita. Nessuna inchiesta è stata ancora avviata, nessuno imputato, certo in qualche procura ci sarà un fascicolo aperto con la scritta Strage Ferroviaria. Ma al momento è tutto fermo, anche a livello comunale si affoga nel mare della burocrazia per la ricostruzione delle case. L’avvocato dei familiari delle vittime e dei sopravvissuti è sbalordito da questo immobilismo. Prima o poi la pigra macchina della giustizia italiana si metterà in moto, partorendo l’ennesimo processo decennale, con le sue vittime, i soliti sospetti e senza colpevoli. Sono passati 2 mesi da quei giorni in cui regnava uno strano silenzio per le strade adiacenti la stazione. Tutto transennato per settimane, la bonifica dei vagoni, le bandiere appese alle finestre in segno di lutto, i furgoni delle tv e la polizia ovunque. Sono passati solo 2 mesi e nessun giornale, nessuna tv ne parla più. Eppure ricordo bene la frase “sono venuto a prendere la situazione in mano”, ma lo Stato non ha ancora fatto una mazza, o meglio è arrivato un “benefit” forfetario di 7500 euro per “ricomprare” l’auto bruciata. Gli altri aiuti concreti sono arrivati dalle associazioni di volontariato: 5000 euro a famiglia. Sono passati 2 mesi e sembra tutto tornato alla normalità, ma non è così, anche se son spenti i riflettori. Ma del resto sentite più parlare del terremoto di L’Aquila? Eppure son sempre tutti nelle tende. E quante di queste cose ricordate nel corso dei decenni? Ci rassegniamo dicendo che in Italia va così, ma forse è questo il primo grande errore che tutti commettiamo.