mercoledì 26 novembre 2008

Luna


Luna.
Disco bianco
su sfondo nero.
Olio su tela.
Luna piena
nella notte
vuota.
Luna tonda
stanotte
e poi ancora
prima e dopo di noi.
Luna che sfiora
la terra.
Terra che gonfia
per sognare la Luna.
Luna che traccia
il silenzio.
Silenzio che si perde
come pioggia nel mare.
Luna non siamo poi
così diversi,
né ora, né mai.
Luna bianca
nella lama nera.
Luna desiderio e passione.
Luna nera
nella mente bianca.
Luna sogno e illusione.
Luna che esplode
nel cuore.
Luna bianca.
Luna nera.
Luna.

18/06/2001

mercoledì 19 novembre 2008

Carità

Non chiede carità chi pulisce le tue scale,
chi si toglie le mutande sul marciapiede,
chi spalma l’asfalto, chi aspetta un trapianto,
chi offre il petto nudo ad un amico,
chi urla chi non c’è più, chi nasce e muore per strada.
Non c’è una cura per tutti? Basta non bere e fumare?
Basta usare il preservativo? Basta comprare una pistola?
E i gesti delle mani, cornici alle parole.

Chiede carità chi si nasconde dietro lo sguardo di un figlio,
che suona quattro note stonate in metrò, come un’orazione
di una vita riciclata come plastica, come le bestemmie,
come specchi al mattino per ricominciare.
Salviamo l’anima dietro visioni fugaci,
liberandoci di fastidiose monetine.
Una tv digitale per far sognare chi è solo esistito.
E Wiston Smith morì nel 1984.

Non chiede carità chi bambino corre scalzo,
guardando la pancia gonfiare senza peccati e le mosche sul viso.
Che differenza fa se sgozziamo un agnello o un talebano?
Un grattacielo crolla, la borsa sale e allucinazioni al parco buoi.
Una guerra in fondo è una necessità!
Dagli solo meno tasse, calze a rete e visi di cera.
E gli avanzi, ossa e pelle per i cani.

Chiede carità chi uccide per un’idea per un Dio sordo,
chi manda in guerra tuo figlio, chi vive d’usura, chi stupra,
chi cambia le leggi per il proprio tornaconto.
Bruciano le nostre stanze e ci manca la Terra e libertà.
Andiamo a Colombine a giocare a Bowling?
E porte spalancate ad Hammamet.
Dammi due cosce e un bicchiere di vino.
E le bollette più care qualcuno le pagherà.

E Aida era bella, era bella davvero.
Aida, tra antilopi e giaguari,
abbiamo ammazzato anche Lei.
17/01/2005

mercoledì 12 novembre 2008

Il Maligno


Oggi mi e’ arrivato un video, uno dei tanti che girano in rete. In questo c'erano dei preti e mi ha ricordato un episodio assurdo capitatomi diversi anni fa.
Eravamo in montagna, in una casetta di proprieta’ dei genitori della mia ragazza, nei pressi di un paese che raccoglieva poche centinaia di sfigati. Era aprile, era una bella giornata di sole, c’era quell’aria fresca del fine pomeriggio. Eravamo in camera, eravamo ormai al dunque, quando bussarono alla porta. La mia ragazza si affaccia dalla porta della camera e mi dice: “e’ un prete, lo facciamo entrare?”. “ Un prete? E cosa ci fa un prete qui ?” Poi, ancora fuori della porta, il prete spara: “sono qui per la benedizione”. Moccoli come la rena. Gia', Pasqua era vicina. E facciamoci pure questa benedizione, in fondo a noi non costava nulla, pensai. Ma mi sbagliavo, ecome se mi sbagliavo. Ce l’avevo ancora barzotto, quando mi presentai al cospetto del prete. Dallo sguardo capii subito che non sarebbe stato facile. Era un prete vecchio stile, storse subito la bocca perche’ non eravamo sposati e inizio’ a farci un pompone infinito sul Maligno. Ne parlava come di una persona che conosceva bene, come se parlasse del suo pizzicagnolo antipatico e cattivo. Mentre il prete farneticava io mi abbandonai a me stesso e spensi il cervello. Quando trasalii stava ancora parlando del Maligno che serpeggiava in tutta Europa. Pensavo tra me e me: “sai dov’e’ adesso il Maligno? Tra le mie gambe, levati dal cazzo pretaccio”. Poi chissa’ perche’ solo in Europa? Quando pensavo che fosse finita, calo’ l’asso di briscola: “…e ora preghiamo” disse guardandoci negli occhi. E inizio’ “Ave Maria…”, cazzo non me la ricordavo, seguivo le sue parole, ma si vedeva che ero impreparato. Il prete se ne accorse e rincaro’ la dose con il Padre Nostro. Peggio che mai. Cercavo di seguirlo, ma ero un attimo in ritardo, come un eco, come i giocatori della nazionale di calcio quando cantano l’inno.
Il prete inizio’ la benedizione e non ebbe pietà. Inzuppo' quell’arnese nell’acqua Santa e, prima di benedire la casa, benedi' me, schizzandomi violentemente e ripetutamente l’acqua Santa in faccia, con quasi sadica soddisfazione. C’e’ mancato poco che non dicessi: “nooo bruciaaa”. Avevo le palle piene, in tutti i sensi, ma un sorriso vincente mi taglio' la bocca. Poco dopo e parecchio rassegnato il prete se ne ando’. Avevo ancora l’acqua Santa in faccia, quando tornai ad usare il mio arnese. Il Maligno e’ femmina.

martedì 11 novembre 2008

Le api


Succhiano e volano,
volano e succhiano,
con ali leggere
planano e virano,
in silenzio decidono.

Volano e cercano
un fertile fiore
per prosciugarlo
con contrazioni addominali
prima di gemiti liberarsi.

Volano e si fanno succhiare
Per poi inondarci di miele.
Ridono, sottovoce complottano,
per una regina mille operaie.

Succhiano e volano
Prendendosi gioco di noi.
Ed io sono cosciente
d’aver conosciuto
prima loro della mia vocazione.

9/12/92

giovedì 6 novembre 2008

La mantide


L'ufficio e` vuoto. Silenzio.
Una voce tinge ancora l'aria
e il suo odore fugge nel corridoio.
Una porta nasconde la citta'
e il rumore bianco che l'avvolge.
Un'altra notte l'attende e corre fuori.
Spalanca la porta, spalanca i polmoni. Respira.
E fiori e farfalle e marmellata. Risate.
E quanti sguardi, quanti gesti per le strade.
E negozi e bar e asfalto che sale verticale. Rumore.
Cammina nella notte tra marciapiedi e volti uguali.
Intravede uno sguardo nei riflessi di un bicchiere.
Un altro quadro da dipingere, un'altra follia.
Crea e distrugge vite mai vissute.
Dipinge sul cemento un volto con colori dei piu` accesi.
E poi scancella, come una mantide religiosa uccide.
Si consumano gli umori, sapori gia' assaggiati.
E se ne vanno, uno ad uno se ne vanno.
E non rimane nulla, sole macchie nere nella testa,
gocce di sudore e il mare lontano, troppo lontano.
Ha freddo alle mani, buchi nel cuore.
Un'altra storia in un angolo del cielo svanisce.
Ricorda qualche parola, sospiro dell'anima inquieta.
La notte se ne va, il fluire del sangue, i passi lenti del pensiero.
La notte muore, come un pezzo di vita che soffoca in gola.
La vita muore senza urlare il suo dolore.
E' un attimo, un respiro. Paura.
Muore ogni secondo che passa e noi con lei, senza pieta`.
E poi a casa, sola finalmente sola,
senza nessuna inclinazione morale.
La finestra e' socchiusa, gli occhi pure.
La vita non la puoi scrivere sembra dire un soffio di vento.

18/10/2002

mercoledì 5 novembre 2008

Obama



Sulla homepage di " La Repubblica" stamattina si leggeva:
dal nostro inviato ALBERTO FLORES D'ARCAIS
Trionfa Obama, nuovo presidenteE l'America si disegna di blu

PHOENIX - Barack Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Il primo candidato afro-americano conquista la Casa Bianca in modo trionfale, vincendo dall'Est all'Ovest, dalle Montagne Rocciose agli Appalachi, conquista gli Stati repubblicani decisivi con un'onda d'urto che ridisegna di blu, il colore dei Democratici, la mappa elettorale degli Usa. Erano appena passate le sette del pomeriggio quando i network televisivi, primi arbitri del risultato, gli hanno assegnato la vittoria. Dieci minuti dopo, come vuole la tradizione americana, lo sconfitto John McCain gli ha concesso la vittoria: "Ho avuto l'onore di congratularmi con il senatore Obama, che questa notte è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti"....

In Italia purtroppo non avevamo uno Zapatero qualunque, quando sarebbe servito, magari avremo un Obama fra cent'anni, pero' abbiamo sempre avuto lo "Stato della Città del Vaticano". Quando avremo un Papa nero?

giovedì 30 ottobre 2008

Angeli e puttane

Voglio una pelliccia di passione,
per impiccarmi una domenica mattina.
Voglio salire sul carro dei monatti
con femmine di dubbia reputazione.
Voglio abbandonare il terreno di gioco
con un goal nel sette dei peccati capitali.
Voglio annegare in un tino
pestato da piedi maleodoranti.
Voglio spirare in stato di ebbrezza
tra acini d’uva, bestemmie e penetrazioni.
Voglio morire viziato, tanto viziato
tra Sioux e comunisti, angeli e puttane.
Voglio sul rogo bruciare,
la gola in fiamme e le mani sporche.
Voglio salire anch’io in cielo,
prima di abbracciare Lucifero.
Voglio presentarmi al cospetto di Dio,
sbronzo in maniera indecente.
Voglio gridargli in faccia:
cosa ne hai fatto del pane e dei pesci?

23/02/2004

mercoledì 29 ottobre 2008

Due insulina ed un’acqua


L’insulina era davanti a lui
quasi a dire: sei pronto?
E’ stato un attimo,
un ago gelido e spietato
penetrò pelle e vena.
Una scarica elettrica
seccò il corpo,
violentò il cervello,
in quell’attimo aveva vinto.
Quell’attimo…..
breve e sconvolgente
come il primo orgasmo,
falso e freddo
come l’amore di una puttana.
Quell’attimo era passato,
solo un eco nella mente impotente.
L’estasi di un momento,
l’angoscia per sempre.
Aveva perso la battaglia
Doveva continuare la guerra.
12/02/90

giovedì 23 ottobre 2008

Facebook


Sono stato anch’io tirato dentro il vortice mediatico di Facebook.
Un Social Forum, una delle ultime manie di internet. Ognuno scrive quello che sta facendo in quel momento, chi si scrive a gruppi, diventa fan di un cantante o di uno stronzo qualunque, c’e’ persino che mette foto in mutande, mentre fa yoga. Ci sara’ persino chi ci cerca e ci trova la donna o l’uomo. Scusate, ma chi cazzo se ne frega se Carla guarda la tv in pigiama, o se Luigi mangia le patatine, mentre si scaccola?
Stamani sul Corriere online e’ apparso un articolo che massacra Facebook e i suoi frequentatori: http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/08_ottobre_22/facebook_mania_trentenni_profil_527ec8d2-a023-11dd-bdbb-00144f02aabc.shtml

Ho sempre pensato e penso che internet sia una gran cosa, qualcosa di utile, che ci ha cambiato la vita e reso l’ufficio meno noioso, anche se a volte si esagera. Come quella volta che mi arrivo’ una mail dal collega seduto accanto a me. Non avevo guardato la mail perche’ dall’oggetto avevo capito che era roba di lavoro, tipo qualche link a un nuovo documento, dato che da lui ricevevo solo quel tipo di mail.
Nel corso nella mattina avevo notato che ogni tanto mi guardava con aria interrogativa. Io vado avanti col mio lavoro. Poi a un certo punto mi chiede se avevo visto la sua mail. Gli rispondo si’, temporeggio, mentre leggo velocemente la mail per capire al volo di cosa si trattava. Mi aveva chiesto una cosa di lavoro, voleva una risposta, l’aveva fatto via mail. Cazzo gli dico, ma siamo uno accanto all’altro, se devi chiedermi qualcosa apri la bocca e parla invece di stringere le chiappe e picchiare sui tasti.
Si potrebbero dire mille cose pro internet e anche qualcuna contro. Ognuno avra’ la sua idea, io credo che condividere pensieri, foto, ecc. non sia una cosa malvagia, ma a volte penso che Facebook sia come la corazzata Potëmkin: una cagata pazzesca, anche se continuerò a frequentarlo. Pero’ preferisco scrivere i miei pensieri su questo blog.
Alla fine passerà anche questa moda, chissà quale sarà il prossimo “giochino” telematico che fomentare le masse? Io continuo a pensare che la piu’ grande fomentatrice di masse sia sempre esistita: la fica.

Bionda naturale

Avevo diciannove anni, da poco diplomato.
Avevo sale e sole nei capelli
e un sorriso scolpito tra le gambe.
Ero maschio.
Lei era bionda, bionda naturale.
Un alba sul mare i suoi occhi,
malizia pura le nude spalle.
Era bella, sfacciatamente femmina.
Non avevo tacche
nel calendario dei rimorsi.
Arrotolavo Pink Floyd e sudore pakistano
tra tabacco e quadri mai dipinti.
Era bionda, un biondo maturo,
di madre lingua olandese.
Vizi e virtù tra le sue labbra
e l' infinito intero nel breve spazio che ci separava.
La discoteca, le luci, l'incoscienza,
la dolce brezza sulla spiaggia.
L' alcol non bussava,
scivolava tra stomaco e budella.
La lingua impiccata alle parole.
Era estate, era in vacanza,
aveva le pelle dipinta dal sole,
unghie di rose sfumate,
dita e cosce affusolatee la sabbia sui piedi.
Aveva i calzoncini corti
in jeans usati, impregnati di peccato.
Era bella, bionda naturale,
provocante, affatto casta.
Il maestrale metteva sugli attenti i suoi capezzoli.
La guardavo.
Sudavo.
Strappandosi la camicia di dosso
gli ormoni urlavano un grido di battaglia.
Era bionda, calda naturale,
parlava toccandosi la bocca,
il rossetto fuggiva di lato.
La guardavo.
Bevevo.
Era donna, troia naturale.
Avevo diciannove anni, ero sbronzo,
non l' ho scopata.
9/03/2004

Un altro Santo inutile

Occhi,
i suoi occhi nascosti da capelli neri
e gemini sopiti. Le labbra ferme.
La notte, la speranza che tace,
l’ultima spiaggia che fugge.
Respiri color caffè, come la pelle sua,
un neo sulla guancia affilata e autoreggenti.
Degusto il profumo del corpo suo
che muove lento come un serpente a morire.
Aspetto un sorriso che non sboccia,
guardo le sue gambe, le mutande cerco
dietro quella minigonna al limite.
E’ femmina, non riesco a digerirla…
vorrei ingoiarla.
Aspetto rondini sul nido,
campi di grano, il sole di maggio,
e creste dell’onda dove fuggire.
La metro nel tubo sfreccia, il pubblico sfolla.
Silenzio. Ecco il contropiede, l’azione decisiva,
viziata da un fallo iniziale.
Accavalla le gambe lentamente
mostra il suo nido esente tasse.
Encantado.
Era una angelo nero con ali bruciate
da un‘altro Santo inutile.
Era la notte di San Valentino.
Era una puttana carioca senza mutande.
E io non sono mai stato razzista.
Mai.

14/02/2005

Una piazza e mezzo


In principio erano uomini, due giovani attraenti,
un giunco verde e una vita da giocare al “Lotto”.
Pelo sul petto, sguardo precoce, eiaculazione pure.
Il destino gioca da solo, non chiede permessi.
Incontri, caramelle e qualche donna. Volgarità.
Lo stesso tetto sui capelli, la confidenza.
Lavoro, ideali, vino, arte e mondanità
quanto basta per sopravvivere.
Sere buttate con Lars von Trier,
a volte vissute con François Truffaut.
E poi… poi Paris. Ah! Paris Chéri...
Bienvenue. Colori di festa, giorni d'autunno inoltrato.
E vitrine e brasserie e croissant... comme c'est bon...
preferisco il parmigiano, Flaubert a Dumas.
Sant Germain, Champs Élysées e quanti regali noire.
Boulevard Saint Michel, Musée de l’Orangerie, sguardi fugaci
e Thierry Mordant su un francobollo.
Sorrisi muti e Monnalisa al Louvre quasi una banalità.
Jardins du Luxembourg, una sedia verde, un libro.
Bonjour ma douce amie. Comment-vas-tu?
Ah! Petit... comme la corneille vole.
Una birra che conviene e la notte cala il suo asso.
Notte in un loft, grosse vetrate, grassa umidità,
vapore e parole dolci sulle labbra.
Ombra e luce nella stanza, aria fredda
e lassù la luna gialla a dettar le danze.
Un quadro di Monet, un letto.
Un letto, una piazza e mezzo per due.
Gocce d’acqua, odore di maschio nelle narici,
pensieri cattivi nella mente impotente.
Città straniera, tenerezza e trasgressione.
Matisse non avrebbe mai ritratto Napoleone.
Vicini, troppo vicini. Brividi.
Brividi di freddo e paura...
Bel-Ami.Non è poi così lontano Pere Lachaise.
Balzac, Proust, Chopin... Oscar Wilde.
Perché rimanere ad un passo dalla consacrazione?
Perché fuggire nella normale schiuma della moralità?
Vicini, troppo vicini. Gemiti.
Vicini, le chiappe nude sotto le coperte
e il broccolo si erge maestoso come la Torre Eiffel.
Movimento tellurico del basso ventre. La presa della Bastiglia.
L’organo piange un grido di battaglia: è l'amplesso.
Calda adesso è la stanza, torna placido il sangue nelle vene.
Rumori pochi, gialla ancora la luna, profonda la notte.
Cela n'était pas si bête una voce tremante sussurra.
02/12/2004

Fantasma

Ho maledetto la sveglia
che impietosa mi ha svegliato.
La luce che dalla finestra filtrava,
ancora orizzontale mi derido,
ho il pigiama macchiato
di latte e caffe`, ventisette anni,
un occhio ancora chiuso e i calzini gialli
per giustificare lo squallore.
Nella testa echeggiano fantasmi e rumori
e altri ancora dalla cucina
in verticale mi raggiungono.
Sono in piedi, quasi barcollo,
la scimmia ride sulle mie spalle.
La porta e` aperta, entro in bagno,
Che oscena visione lo specchio.
Il futuro e` nelle mie mani:
STO PISCIANDO.

20/5/96

Acquarello


Si mostra nuda alla sera la città,
sguardi stanchi e mani umide
nel tepore del crepuscolo galleggiano.
Calpestiamo erba che di asfalto si colora,
respiriamo polveri sottili e le passioni
le abbiamo seppellite da tempo.
Chiudiamo una porta, apriamo la doccia.
Vapori, sorrisi e quante storie,
quante vite mai incontrate.
E quel vivere diviene sopravive
in alveari di cemento.
Perle d'acqua sulla pelle,
Aria e amori viziati nelle stanze,
luci accese, sesso negli angoli in ombra.
La tv, piedi nudi, un piatto di pasta e pazzia,
leggiadra, sottile pazzia.
Siamo giovani e pieni di erezioni,
siamo carne che cerca carne.
Pascoli di persone,
che impugnano calici, spade
e frasi fatte facendole sue.
La città consuma i suoi riti tribali,
incurante degli equinozi
e della loro impronta sorda.
Acque acide, politicanti e spazzatura.
Nei locali intrecciamo le nostre opinioni,
consumando peccati virtuali senza sospiri
per una sera o per sempre,
aspettando di vederci passare.
Non ci conforta un gesto, una parola,
un religioso silenzio.
Una voce corre verticale,
a fatica gli ultimi scalini
e un delirio epatico ci accompagna
nella notte piu’ breve… solstizio d'estate.
"Venerem sine Libero et Cerere frigere".
E un acquarello il cielo domattina.
21/06/2004

mercoledì 15 ottobre 2008

Il Patriota


Aveva grandi occhi verdi,
le labbra carnose di rosso colorate.
In un bar la incontrai,
era sola come un soffio di vento,
tra bicchieri vuoti e resti umani
si muoveva con far da straniera.
Provocante, non bella.
Era un campo arato,
era in cerca di seme.
Portava una gonna corta e attillata,
seni prepotenti sotto la camicia.

Un piatto unico quel pelo e carne cruda.
Un vigneto sullo sfondo dei miei pensieri,
imitare il fuco il target di giornata.
Nell’aria satura di ioni,
profumi di menta e sabbia del deserto,
retrogusto amaro.

Il gioco di sguardi riflessi non tardò.
Si avvicinò muovendo i fianchi
quel tanto che conviene.
Aveva belle curve,

gambe dritte e lunghe come un rettilineo.
Feci un giro con lo sguardo: tracciato tecnico, ben gommato.
Mi fissò per pochi istanti, bastarono.
La guardai, non dissi niente.
Non c'era bisogno di parlare.
Scesi in pista.
La luce dei lampioni filtrava dalla tapparella,
la montai senza rimorsi, con voglia.
Un’atmosfera troppo americana
quella penombra nella stanza.

Avevo la deriva ben salda tra le cosce sue,
ma era come navigare fuori dalle acque territoriali.
Aveva gli occhi verdi e le labbra rosse.

Le venni in faccia per amor di Patria.

12/04/2003