giovedì 30 ottobre 2008

Angeli e puttane

Voglio una pelliccia di passione,
per impiccarmi una domenica mattina.
Voglio salire sul carro dei monatti
con femmine di dubbia reputazione.
Voglio abbandonare il terreno di gioco
con un goal nel sette dei peccati capitali.
Voglio annegare in un tino
pestato da piedi maleodoranti.
Voglio spirare in stato di ebbrezza
tra acini d’uva, bestemmie e penetrazioni.
Voglio morire viziato, tanto viziato
tra Sioux e comunisti, angeli e puttane.
Voglio sul rogo bruciare,
la gola in fiamme e le mani sporche.
Voglio salire anch’io in cielo,
prima di abbracciare Lucifero.
Voglio presentarmi al cospetto di Dio,
sbronzo in maniera indecente.
Voglio gridargli in faccia:
cosa ne hai fatto del pane e dei pesci?

23/02/2004

mercoledì 29 ottobre 2008

Due insulina ed un’acqua


L’insulina era davanti a lui
quasi a dire: sei pronto?
E’ stato un attimo,
un ago gelido e spietato
penetrò pelle e vena.
Una scarica elettrica
seccò il corpo,
violentò il cervello,
in quell’attimo aveva vinto.
Quell’attimo…..
breve e sconvolgente
come il primo orgasmo,
falso e freddo
come l’amore di una puttana.
Quell’attimo era passato,
solo un eco nella mente impotente.
L’estasi di un momento,
l’angoscia per sempre.
Aveva perso la battaglia
Doveva continuare la guerra.
12/02/90

giovedì 23 ottobre 2008

Facebook


Sono stato anch’io tirato dentro il vortice mediatico di Facebook.
Un Social Forum, una delle ultime manie di internet. Ognuno scrive quello che sta facendo in quel momento, chi si scrive a gruppi, diventa fan di un cantante o di uno stronzo qualunque, c’e’ persino che mette foto in mutande, mentre fa yoga. Ci sara’ persino chi ci cerca e ci trova la donna o l’uomo. Scusate, ma chi cazzo se ne frega se Carla guarda la tv in pigiama, o se Luigi mangia le patatine, mentre si scaccola?
Stamani sul Corriere online e’ apparso un articolo che massacra Facebook e i suoi frequentatori: http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/08_ottobre_22/facebook_mania_trentenni_profil_527ec8d2-a023-11dd-bdbb-00144f02aabc.shtml

Ho sempre pensato e penso che internet sia una gran cosa, qualcosa di utile, che ci ha cambiato la vita e reso l’ufficio meno noioso, anche se a volte si esagera. Come quella volta che mi arrivo’ una mail dal collega seduto accanto a me. Non avevo guardato la mail perche’ dall’oggetto avevo capito che era roba di lavoro, tipo qualche link a un nuovo documento, dato che da lui ricevevo solo quel tipo di mail.
Nel corso nella mattina avevo notato che ogni tanto mi guardava con aria interrogativa. Io vado avanti col mio lavoro. Poi a un certo punto mi chiede se avevo visto la sua mail. Gli rispondo si’, temporeggio, mentre leggo velocemente la mail per capire al volo di cosa si trattava. Mi aveva chiesto una cosa di lavoro, voleva una risposta, l’aveva fatto via mail. Cazzo gli dico, ma siamo uno accanto all’altro, se devi chiedermi qualcosa apri la bocca e parla invece di stringere le chiappe e picchiare sui tasti.
Si potrebbero dire mille cose pro internet e anche qualcuna contro. Ognuno avra’ la sua idea, io credo che condividere pensieri, foto, ecc. non sia una cosa malvagia, ma a volte penso che Facebook sia come la corazzata Potëmkin: una cagata pazzesca, anche se continuerò a frequentarlo. Pero’ preferisco scrivere i miei pensieri su questo blog.
Alla fine passerà anche questa moda, chissà quale sarà il prossimo “giochino” telematico che fomentare le masse? Io continuo a pensare che la piu’ grande fomentatrice di masse sia sempre esistita: la fica.

Bionda naturale

Avevo diciannove anni, da poco diplomato.
Avevo sale e sole nei capelli
e un sorriso scolpito tra le gambe.
Ero maschio.
Lei era bionda, bionda naturale.
Un alba sul mare i suoi occhi,
malizia pura le nude spalle.
Era bella, sfacciatamente femmina.
Non avevo tacche
nel calendario dei rimorsi.
Arrotolavo Pink Floyd e sudore pakistano
tra tabacco e quadri mai dipinti.
Era bionda, un biondo maturo,
di madre lingua olandese.
Vizi e virtù tra le sue labbra
e l' infinito intero nel breve spazio che ci separava.
La discoteca, le luci, l'incoscienza,
la dolce brezza sulla spiaggia.
L' alcol non bussava,
scivolava tra stomaco e budella.
La lingua impiccata alle parole.
Era estate, era in vacanza,
aveva le pelle dipinta dal sole,
unghie di rose sfumate,
dita e cosce affusolatee la sabbia sui piedi.
Aveva i calzoncini corti
in jeans usati, impregnati di peccato.
Era bella, bionda naturale,
provocante, affatto casta.
Il maestrale metteva sugli attenti i suoi capezzoli.
La guardavo.
Sudavo.
Strappandosi la camicia di dosso
gli ormoni urlavano un grido di battaglia.
Era bionda, calda naturale,
parlava toccandosi la bocca,
il rossetto fuggiva di lato.
La guardavo.
Bevevo.
Era donna, troia naturale.
Avevo diciannove anni, ero sbronzo,
non l' ho scopata.
9/03/2004

Un altro Santo inutile

Occhi,
i suoi occhi nascosti da capelli neri
e gemini sopiti. Le labbra ferme.
La notte, la speranza che tace,
l’ultima spiaggia che fugge.
Respiri color caffè, come la pelle sua,
un neo sulla guancia affilata e autoreggenti.
Degusto il profumo del corpo suo
che muove lento come un serpente a morire.
Aspetto un sorriso che non sboccia,
guardo le sue gambe, le mutande cerco
dietro quella minigonna al limite.
E’ femmina, non riesco a digerirla…
vorrei ingoiarla.
Aspetto rondini sul nido,
campi di grano, il sole di maggio,
e creste dell’onda dove fuggire.
La metro nel tubo sfreccia, il pubblico sfolla.
Silenzio. Ecco il contropiede, l’azione decisiva,
viziata da un fallo iniziale.
Accavalla le gambe lentamente
mostra il suo nido esente tasse.
Encantado.
Era una angelo nero con ali bruciate
da un‘altro Santo inutile.
Era la notte di San Valentino.
Era una puttana carioca senza mutande.
E io non sono mai stato razzista.
Mai.

14/02/2005

Una piazza e mezzo


In principio erano uomini, due giovani attraenti,
un giunco verde e una vita da giocare al “Lotto”.
Pelo sul petto, sguardo precoce, eiaculazione pure.
Il destino gioca da solo, non chiede permessi.
Incontri, caramelle e qualche donna. Volgarità.
Lo stesso tetto sui capelli, la confidenza.
Lavoro, ideali, vino, arte e mondanità
quanto basta per sopravvivere.
Sere buttate con Lars von Trier,
a volte vissute con François Truffaut.
E poi… poi Paris. Ah! Paris Chéri...
Bienvenue. Colori di festa, giorni d'autunno inoltrato.
E vitrine e brasserie e croissant... comme c'est bon...
preferisco il parmigiano, Flaubert a Dumas.
Sant Germain, Champs Élysées e quanti regali noire.
Boulevard Saint Michel, Musée de l’Orangerie, sguardi fugaci
e Thierry Mordant su un francobollo.
Sorrisi muti e Monnalisa al Louvre quasi una banalità.
Jardins du Luxembourg, una sedia verde, un libro.
Bonjour ma douce amie. Comment-vas-tu?
Ah! Petit... comme la corneille vole.
Una birra che conviene e la notte cala il suo asso.
Notte in un loft, grosse vetrate, grassa umidità,
vapore e parole dolci sulle labbra.
Ombra e luce nella stanza, aria fredda
e lassù la luna gialla a dettar le danze.
Un quadro di Monet, un letto.
Un letto, una piazza e mezzo per due.
Gocce d’acqua, odore di maschio nelle narici,
pensieri cattivi nella mente impotente.
Città straniera, tenerezza e trasgressione.
Matisse non avrebbe mai ritratto Napoleone.
Vicini, troppo vicini. Brividi.
Brividi di freddo e paura...
Bel-Ami.Non è poi così lontano Pere Lachaise.
Balzac, Proust, Chopin... Oscar Wilde.
Perché rimanere ad un passo dalla consacrazione?
Perché fuggire nella normale schiuma della moralità?
Vicini, troppo vicini. Gemiti.
Vicini, le chiappe nude sotto le coperte
e il broccolo si erge maestoso come la Torre Eiffel.
Movimento tellurico del basso ventre. La presa della Bastiglia.
L’organo piange un grido di battaglia: è l'amplesso.
Calda adesso è la stanza, torna placido il sangue nelle vene.
Rumori pochi, gialla ancora la luna, profonda la notte.
Cela n'était pas si bête una voce tremante sussurra.
02/12/2004

Fantasma

Ho maledetto la sveglia
che impietosa mi ha svegliato.
La luce che dalla finestra filtrava,
ancora orizzontale mi derido,
ho il pigiama macchiato
di latte e caffe`, ventisette anni,
un occhio ancora chiuso e i calzini gialli
per giustificare lo squallore.
Nella testa echeggiano fantasmi e rumori
e altri ancora dalla cucina
in verticale mi raggiungono.
Sono in piedi, quasi barcollo,
la scimmia ride sulle mie spalle.
La porta e` aperta, entro in bagno,
Che oscena visione lo specchio.
Il futuro e` nelle mie mani:
STO PISCIANDO.

20/5/96

Acquarello


Si mostra nuda alla sera la città,
sguardi stanchi e mani umide
nel tepore del crepuscolo galleggiano.
Calpestiamo erba che di asfalto si colora,
respiriamo polveri sottili e le passioni
le abbiamo seppellite da tempo.
Chiudiamo una porta, apriamo la doccia.
Vapori, sorrisi e quante storie,
quante vite mai incontrate.
E quel vivere diviene sopravive
in alveari di cemento.
Perle d'acqua sulla pelle,
Aria e amori viziati nelle stanze,
luci accese, sesso negli angoli in ombra.
La tv, piedi nudi, un piatto di pasta e pazzia,
leggiadra, sottile pazzia.
Siamo giovani e pieni di erezioni,
siamo carne che cerca carne.
Pascoli di persone,
che impugnano calici, spade
e frasi fatte facendole sue.
La città consuma i suoi riti tribali,
incurante degli equinozi
e della loro impronta sorda.
Acque acide, politicanti e spazzatura.
Nei locali intrecciamo le nostre opinioni,
consumando peccati virtuali senza sospiri
per una sera o per sempre,
aspettando di vederci passare.
Non ci conforta un gesto, una parola,
un religioso silenzio.
Una voce corre verticale,
a fatica gli ultimi scalini
e un delirio epatico ci accompagna
nella notte piu’ breve… solstizio d'estate.
"Venerem sine Libero et Cerere frigere".
E un acquarello il cielo domattina.
21/06/2004

mercoledì 15 ottobre 2008

Il Patriota


Aveva grandi occhi verdi,
le labbra carnose di rosso colorate.
In un bar la incontrai,
era sola come un soffio di vento,
tra bicchieri vuoti e resti umani
si muoveva con far da straniera.
Provocante, non bella.
Era un campo arato,
era in cerca di seme.
Portava una gonna corta e attillata,
seni prepotenti sotto la camicia.

Un piatto unico quel pelo e carne cruda.
Un vigneto sullo sfondo dei miei pensieri,
imitare il fuco il target di giornata.
Nell’aria satura di ioni,
profumi di menta e sabbia del deserto,
retrogusto amaro.

Il gioco di sguardi riflessi non tardò.
Si avvicinò muovendo i fianchi
quel tanto che conviene.
Aveva belle curve,

gambe dritte e lunghe come un rettilineo.
Feci un giro con lo sguardo: tracciato tecnico, ben gommato.
Mi fissò per pochi istanti, bastarono.
La guardai, non dissi niente.
Non c'era bisogno di parlare.
Scesi in pista.
La luce dei lampioni filtrava dalla tapparella,
la montai senza rimorsi, con voglia.
Un’atmosfera troppo americana
quella penombra nella stanza.

Avevo la deriva ben salda tra le cosce sue,
ma era come navigare fuori dalle acque territoriali.
Aveva gli occhi verdi e le labbra rosse.

Le venni in faccia per amor di Patria.

12/04/2003