mercoledì 6 maggio 2009

Antonio "vino" Boranti


Non credevo a quanto visto sul giornale,
quel mattino, andando presto lungo il viale
che dalla stazione porta a Santa Margherita
dove, tra il fumo di caldaie e sigarette,
vedevo crescere i baffi e le unghie strette.

La foto era grande in taglio centrale,
era proprio lui finito sul giornale.
Vino, cosi’ lo chiamavano al circolo;
un uomo di quelli da incorniciare,
sempre pronto al movimento popolare.

Statura media, arcigno, un po’ banale,
occhi verdi quasi a stonare;
tranquillo pero’, in volto scavato,
potrei dire quasi abboccato,
come il vino che portava alle cene d’occasione.

Io lo conoscevo non da molto,
mi ricordo una sera da un signore colto,
conoscente comune, quasi obbligati alla presenza,
ci incontrammo per caso in una sala immensa.
Sconcertati da quel valzer d’ipocrisia
ci scolammo una bottiglia di malvasia.

Antonio mi fece una bella impressione
con quel suo modo di fare quasi da televisione.
Uomo concreto, operaio di vecchio stampo,
era una posa dentro e fuori dal campo,
quando la domenica, dopo la battuta di caccia,
tra scapoli e ammogliati ci giocavamo la vernaccia.

Mi lisciavo i baffi sfumato grigio,
mentre con un occhio al livello di pressione
leggevo l’articolo durante la pausa di colazione.
“…a prendere la decisione di sporgere denuncia
ai Carabinieri e’ stata la moglie,
dopo la drammatica confessione della figlia.
Siamo di fronte ad un altro caso d’incesto…”

Quella sera al circolo un’aria pesante,
qualcuno si limitava ad esser presente,
qualcun’altro invece, alzando gli occhi sopra il banco,
verso la foto della squadra di pallone,
cercava di darsi una sua giustificazione,
scuotendo poi la testa guardando il centravanti:
quel omino, Antonio vino Boranti.


Novembre 92

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