venerdì 13 marzo 2009

L’inglese, questo sconosciuto



In questi giorni un gruppo d’inglesi e’ qui a Pisa per un workshop su una nuova attivita’ che mi vede coinvolto. Le mie disgrazie linguistiche sono iniziate circa un anno fa, quando mi dissero: c’e’ da fare questa cosa e il tuo referente sara’ un indiano che lavora a Coventry. E' stato come mi avessero detto che dovevo impiccarmi sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra come Licio Gelli.
L’attivita’ in questione riguardava i test automatici e il massimo esperto era appunto l’indiano Sid. Mi doveva spiegare tutto. Vista la mia conoscenza dell’inglese avrei preferito andare a fare arselle sul Canale della Manica. All’inizio e’ stato un delirio: ho passato ore al telefono capendo poco di piu’ di una mazza. Era un continuo “can you speak more slowly, please?” O peggio “I'm sorry, can you repeat that?” Ma come mi diceva un collega, dopo che te lo hanno ripetuto tre volte devi dire per forza che hai capito, anche se non hai capito un cazzo.
Poi la cosa mi ha preso e mi son detto proviamoci, magari e’ la volta buona che imparo un po’ d’inglese. Mi dicevo: se l’ha imparato Zola ce la posso fare. Ho cominciato a studiare l’inglese seriamente, perche’ tra l’altro mi piace e vorrei parlarlo, ma sono negato per le lingue, italiano compreso. Mi hanno suggerito di leggere e guardare film in inglese, cominciando da qualcosa di semplice, come i cartoni animati per bambini. C’e’ un canale su Sky che si chiama Disney in English. La prima volta che ho provato a guardarlo c’era un cartone animato che aveva come protagonista un gregge di pecore. In mezz’ora non hanno detto una parola. Spesso il destino e’ beffardo. Il bello e’ che quando ti sembra di capire qualcosa ti lanci in cose improbabili, soprattutto se come me sei soggetto a fare stronzate. Una volta in ascensore ho incontrato un giapponese. Cosa mai potevo scazzare nel tempo che passa per fare 2 piani? Dopo uno scambio veloce volevo dirgli good luck e invece ho detto good look. Il giapponese mi ha salutato sorridendo e guardandosi il vestito. Comunque al lavoro tra alti e bassi, deliri e figure color marrone sono riuscito ad andare avanti.

Per fortuna che l’indiano si e’ dimostrato una persona eccezionale, tecnicamente supersonico, disponibile, paziente e soprattutto mi capiva. A fine agosto sono andato una settimana a Coventry e finalmente ho conosciuto Sid.
Al primo meeting c’era Sid, uno spagnolo e due donne madre lingua. Quando parlava l’indiano o lo spagnolo capivo abbastanza, o almeno cosi’ mi sembrava. Ma quando prese la parola una delle due donne le mie poche certezze svanirono nella sua voce, che per me era poco piu’ che rumore. Cazzo, parlava con un tono a ½ dB, non muovendo nemmeno le labbra, sembrava un ventriloquo. Mi ricordo quando chiesi a Sid dov’e’ il cesso. Sid mi accompagna… insomma mi sono ritrovato in un cesso enorme con i vespsiani a pisciare con Sid, a due tazze di distanza mentre mi raccontava che la sede di Coventry sarebbe stata rasa al suolo entro marzo.
Questa settimana c’e’ stato il match di ritorno, ma sapevo che non potevo contare sul fattore campo. Tra i partecipanti al workshop c’era pure un tipo che avevo conosciuto a Coventry. Un incrocio tra Ricky Cunningham di Happy Day e Tobey Maguire, l’attore che interpreta l’uomo ragno, entrambi con qualche kg di troppo. E’ il tipico inglese inespressivo con un look molto anglosassone, con tanto di falda anni ’70. Ma la cosa piu’ assurda era che aveva la stessa camicia a maniche corte che aveva d’agosto. Al primo meeting mi sembrava di capire abbastanza, poi a un certo punto ha preso la parola un tipo che quando parlava sembrava masticasse un petto di pollo. Poi e’ intervenuto il product manager… era un altro ventriloquo. Quando parlava l’unica cosa che si muoveva era il collo stile pellicano, dove sicuramente stava il resto del pollo. Ah, l’uomo ragno e’ stato impassibile per tre ore di fila, ma almeno stava in silenzio.
Ieri poi ho avuto un incontro un po’ piu’ dettagliato sul lavoro da fare. Ho cercato di spigare al responsabile tecnico, tra l’altro pure lui indiano, la nostra proposta, in particolare la diffocolta’ a realizzare una certa cosa. Credo che abbia capito perche’ alla fine mi ha detto sorridendo: Ok, mi segno che questa cosa la fara’ Luca. Insomma una volta che riesco a mettere due parole in fila correttamente l’ho presa nel culo.
Alla fine anche l’uomo ragno mi ha fatto una domanda. Era una domanda del cazzo, ovviamente.
Volevo dirgli: "You can’t have the bottle full and your wife drunk!", ma son certo che non l’avrebbe capito.
Quello che ho capito io e’ che la strada e’ ancora lunga, o vado a vivere per un po' in Inghilterra, magari da Zola, oppure loro fanno dei meeting un po’ piu’ lenti, tipo lettura fonetica.

2 commenti:

Verosimile ha detto...

you are of the cat! (sei del gatto)

mickey ha detto...

Potevi anche dirmi "Do yourself to do for the misery!", ovvero "Datti da fare per la miseria!"